Tempo di lettura: 4 minuti(Last Updated On: 9 Marzo 2021)

Rocca Calascio, anno 1983

Immaginatevi Richard Donner in macchina. È l’estate del 1983: l’Italia, come l’Europa intera, è investita da una delle ondate di caldo più intense a memoria d’uomo mentre in tv e sui giornali non si fa altro che parlare della misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi, in quello che diventerà uno dei misteri più intricati del nostro Paese.

Tra caldo opprimente e misteri, Richard Donner si aggira a bordo della sua auto alla ricerca del posto ideale dove ambientare il suo prossimo film, una storia medioevale, un po’ fantasy e un (bel) po’ romantica. L’idea c’è, il posto ancora no.

Sta vagando da giorni, prima in Francia ora in Italia. Non solo è distrutto ma sta anche schiattando di caldo, povero Donner, e mentre guida cerca rifugio nella musica: dal mangianastri della sua autoradio escono le note degli Alan Parson Project e la cosa sembra rinfrancarlo, tanto che alza il volume, “ancora un po’, sì, ancora un po’, bene così…“.

È lì che si gode la musica battendo il tempo con la mano sul volante quando, di colpo, la frenata. L’auto si blocca tra lo stridere di gomme, avvolta da una nube di polvere ardente. Lo sportello dell’auto si apre, Donner scende. Alza lo sguardo al cielo, osserva quel castello mezzo diroccato, apparentemente inaccessibile, posto in cima a un monte ed esclama: “Eureka!”

Rocca Calascio
“Eureka!”

L’equazione è completa:

Richard Donner + Rocca Calascio + Alan Parson = Ladyhawke

Ladyhawke, sì. Il film culto degli anni ’80 che ha varcato la soglia del tempo per consegnarsi ai grandi classici del cinema mondiale. Di sicuro sapete di cosa sto parlando, vero?

Rocca Calascio, anno 2017

Trentaquattro anni dopo un Donner oramai 86enne si gode la pensione a New York. Noi invece, ben più giovani (e soprattutto nei paraggi) ci mettiamo, come fece lui, sulle tracce di Rocca Calascio. Spinti non tanto dal ricordo di Ladyhawke, quanto dagli splendi scatti di Michael Kenna che abbiamo appena visto in una mostra a lui dedicata in quel di Loreto Aprutino: alcune delle 80 foto esposte ritraggono proprio Rocca Calascio, in un modo che solo Kenna riesce a fare, maledetto genio!

Ecco che allora, subito dopo aver pranzato, ci mettiamo sulle tracce di Donner, accontentandoci, in assenza degli Alan Parson, di canzoni rockettare di vario stampo. E non me ne vogliano i Metallica, ma l’effetto ‘Ladyhawke’ non è proprio lo stesso.

Come arrivare

Rocca Calascio sorge a 1460 metri di altitudine (cosa che lo rende il borgo più alto dell’Italia centrale) e si trova in provincia dell’Aquila. Fu edificata probabilmente per volontà di re Ruggero d’Altavilla dopo la conquista normanna del 1140, con prevalente funzione di avvistamento, dal momento che dalla cima è possibile dominare con lo sguardo tutta la vallata fino all’altopiano di Campo Imperatore, alla Majella e al Sirente.

Rocca Calascio
Un eccellente punto d’osservazione

Lo dico subito: per arrivare fino alla Rocca dovrete far buon uso dei piedi. Percorrete la SS7 fino all’incrocio con Via Pizzo Falcone e qui lasciate la macchina per proseguire a piedi. Infatti, nonostante si possa procedere con la macchina anche lungo via di Pizzo Falcone, noi vi sconsigliamo di farlo, perché giunti in prossimità del borgo vi sarà poi impossibile parcheggiare (a meno che non abbiate una discreta dose di fortuna, e non dico ‘culo’ solo per non essere troppo volgare). I parcheggi alla fine della via saranno sì e no una decina, e lungo la strada è impossibile parcheggiare per via della scarsità di spazio. Ergo: parcheggiate da basso e… gambe in spalla!

Le due vie per salire

Una volta imboccata via di Pizzo Falcone, arriverete dopo un brevissimo tratto nei pressi di un ristorante che ha un nome difficilissimo da ricordare: RISTORANTE. Eh, sì, proprio così. La poderosa insegna campeggia sul tetto del locale, non vi sarà difficile scorgerla.

A questo punto s’impone la scelta: virare a destra, sul sentiero (contrassegnato) che s’inerpica sul versante del monte e che vi porterà in trenta minuti fino alle pendici della rocca; oppure proseguire sulla strada asfaltata, molto più comoda ma anche molto più lunga.

Rovine di castello
Il sentiero che porta alla Rocca

Ognuno faccia le proprie riflessioni in merito. Sappiate che il sentiero non è particolarmente faticoso, ma è in discreta pendenza, quindi pensateci bene prima di ritrovarvi con un enfisema a metà strada. Inoltre vi consigliamo di percorrerlo (soprattutto in discesa) con una buona calzatura da trekking, onde evitare di ruzzolare a valle come una balla di fieno sospinta dalla mera forza di gravità.

rovine di castello
Ruderi! La Rocca s’avvicina!

Noi abbiamo optato per la salita attraverso il sentiero e la discesa attraverso la strada asfaltata: ci sembra la soluzione migliore soprattutto se, come noi, avete ai piedi un paio di Converse (io) e un paio di ballerine (lei).

Il borgo prima della Rocca

Poco prima di arrivare al castello si attraversa il piccolo borgo antico di Rocca Calascio, costituito da poche case lungo l’unica via, soprattutto ristoranti e bar dove è possibile trovare ristoro prima della fatica finale.

Un cartello vi indicherà la via per il castello, mentre la sagoma di un lupo vi ricorderà che l’Abruzzo è terra dell’antico antenato del cane domestico. A noi cinefili è ovviamente scattata l’immediata citazione. Ma complice la stanchezza abbiamo invertito i termini della battuta, e dal momento che come tutte le battute, neanche questa gode della proprietà transitiva, il risultato è una battuta incomprensibile (anche se intuibile, data la fama di cui gode l’originale in Frankenstein Junior):

Rocca Calascio, finalmente!

Eh no, invece! Ancora no! Prima di arrivare alla Rocca vi troverete a passare vicino alla chiesa di Santa Maria della Pietà, una piccola chiesetta dalla forma ottagonale che ricorda il Battistero di San Giovanni a Firenze.

Chiesa di Santa Maria della Pietà
La chiesa di Santa Maria della Pietà

Dopodiché, ultimo sforzo e sarete finalmente in cima al monte, con i piedi ben saldi sulla storia, ad ammirare il paesaggio, il volteggiare degli uccelli in lontananza e a chiedervi se uno di quei pennuti, al tramonto, si trasformerà davvero in Michelle Pfeiffer.

Godetevi la vista, ve lo siete meritato.

Rocca Calascio
Quanta beltade!
Rocca Calascio
Michelle Pfeiffer chi?

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Autore del post: Federico

Appassionato di tecnologia, cinema, fotografia e viaggi, scrittore per passione e per sostentamento, dottore in scienze naturali, intriso di web fino al midollo. Una specie di Frankenstein: chiamatemi 'Frederàic'!

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