C’è al mondo qualcosa di più misterioso, più esotico e più lontano dell’Isola di Pasqua? Forse la Polinesia? Fuochino: l’Isola di Pasqua infatti appartiene al Cile ma geograficamente è più vicina proprio all’arcipelago polinesiano, come polinesiani furono i primi colonizzatori.
Certo il suo aspetto non è quello di un paradiso terrestre: l’isola è brulla e selvaggia. Il suo fascino sta tutto in questa essenzialità, nell’alone misterioso che la avvolge, e nelle famosissime statue di capoccioni che incutono rispetto e ci mettono tanta curiosità.
Sicuramente stuzzica anche te, perciò andiamo alla scoperta di uno dei luoghi più isolati del mondo, un viaggio un po’ impegnativo ma, almeno per me, indimenticabile.
Indice
- Dov’è l’Isola di Pasqua e perché si chiama così
- 1. L’Isola di Pasqua ti fa sentire un vero esploratore
- 2. L’Isola di Pasqua ti fa sentire fuori dal mondo
- 3. La storia dell’Isola di Pasqua ti fa riflettere
- 4. È l’unico posto al mondo dove puoi vedere i Moai (o no?)
- 5. Vedere tutto quello che c’è da vedere sull’Isola di Pasqua
- Alcune info pratiche
Dov’è l’Isola di Pasqua e perché si chiama così
Dov’è l’Isola di Pasqua
A giudicare dalle ricerche che si fanno su Google, in molti non saprebbero indicare sul planisfero dove si trova l’Isola di Pasqua. Quindi rispondo subito proprio a questa giustissima domanda: l’Isola di Pasqua, dove si trova? Nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico, quasi equidistante dalle lunghe coste del Cile e da quelle arcipelagose della Polinesia. Puoi vederlo nella mappa qui sotto:
Perché l’Isola di Pasqua si chiama così
Un’altra delle più grandi curiosità è il suo nome. Anzi, i suoi nomi. Noi occidentali la chiamiamo Isola di Pasqua (o meglio, Isla de Pascua in spagnolo) e già questo ti fa chiedere perché, ma il suo vero nome è Rapa Nui. E qui davvero… boooh? Che significa Rapa Nui?
Te lo dico subito. Noi siamo molto banali: la chiamiamo così con grande fantasia perché l’esploratore olandese Jacob Roggeveen l’ha scoperta il giorno di Pasqua del 1722.
I nativi invece sono stati molto più poetici: Rapa Nui infatti significa ‘Grande roccia’. Ovviamente per le sue caratteristiche: l’isola affiora maestosamente dal Pacifico, essendo in pratica la parte superiore di un grosso cono vulcanico sottomarino. È per questo che ha poche spiagge e troverai per lo più ripide scogliere.
Perché allora andare a vederla, visto che sparapanzarsi al Sole sotto le palme è praticamente escluso, grazie anche il vento costante, e considerando l’assenza di una barriera corallina?
Ecco i miei 5 motivi, quasi delle riflessioni che sono anche una scusa per farti scoprire un posto mitico e suggestivo.
1. L’Isola di Pasqua ti fa sentire un vero esploratore
Intanto arrivare e girare sull’Isola di Pasqua è un’esperienza che ricorda un po’ James Cook e gli esploratori che solcarono i mari con le lore vele… ma diciamo pure un po’ con ‘una scarpa e una ciabatta’!
Oggi è tutto più comodo ma arrivare in questo remoto angolino della Terra è lo stesso impegnativo. L’unico modo sono i voli aerei da Santiago del Cile (6 ore) oppure, tipo una volta a settimana, da Tahiti. Infatti i turisti non sono poi tantissimi e l’isola rimane selvaggia, brulla, dagli scenari molto potenti. Certo, ci sono tutte le mollezze della vita moderna: dal bancomat a internet, dall’acqua calda all’uso dei telefonini. Rimane comunque una sensazione di spartanità che ti concilia con l’essenza vera di ogni viaggio votato all’esplorazione.
2. L’Isola di Pasqua ti fa sentire fuori dal mondo
L’Isola di Pasqua è isolata davvero, direi addirittura remota. A 3600 km circa dal Cile e 2600 circa dalla Polinesia, possiamo ben dire che è in mezzo al nulla. Un puntolino minuscolo di rocce, cavalli e Moai sperduto nell’immenso Oceano Pacifico. Sfido i tuoi problemi a raggiungerti anche qui! In poche parole, è bellissimo per una volta sentirsi (ed essere) lontano da tutto e tutti e fare ciaone alla nostra quotidianità lontana lontana.
3. La storia dell’Isola di Pasqua ti fa riflettere
La misteriosa storia dell’Isola di Pasqua
La storia dell’isola di Pasqua è un po’ uno dei suoi tanti misteri, perché fino all’arrivo degli esploratori occidentali non ci sono documenti scritti per ricostruirla. Quello che si pensa è che quando i polinesiani arrivarono a colonizzarla, forse intorno al 1000, l’isola fosse ricoperta di foreste. Poi, anche per l’aumento della popolazione, iniziò un disboscamento indiscriminato che devastò l’isola e fu motivo di scontri e guerre fra i clan.
Il luogo divenne praticamente inospitale, come annotò James Cook nei suoi diari nel 1774. A questo si aggiunsero l’arrivo degli Europei, che con le varie spedizioni portarono malattie assortite che decimarono la popolazione, e le razzie dei mercanti di schiavi. Ciliegina sulla torta, lo sbarco di missionari che convertirono gli indigeni residui al cattolicesimo.
Poi avvennero cose assurde tipo un francese che nel 1866 comprò dei terreni dai nativi, cacciò i missionari e decise che lui era il re, dopodiché internò la popolazione in una piccola area e fece del resto dell’isola un pascolo… finché la popolazione non si ribellò e lo uccise nel 1876. Nel frattempo gli abitanti si erano ridotti a 111! Nel 1885 l’isola passò sotto il controllo cileno, ma i nativi comunque non se la passarono granché bene e tra rivolte e vicissitudini varie (vedi il regime militare cileno dal 1914) solo alla fine degli anni ’60 vennero concesse strutture democratiche indipendenti.
Insomma, per essere un posto fuori dal mondo ne ha viste di cotte e di crude!
Due piccole riflessioni sulla storia dell’Isola di Pasqua
Ovviamente io ho fatto un riassunto davvero minimo, giusto per offrirti due spunti di riflessione, che sono quelli a cui non puoi fare a meno di pensare quando sei sull’isola, dove puoi quasi toccarli con mano e sentirli tuoi.
- Uno è quello ambientale: pare proprio che siano state la miopia e l’egoismo degli abitanti di Rapa Nui a distruggere l’isola e a rendere le condizioni di vita proibitive. Fu un vero disastro ecologico, quello che a più grande scala stiamo vivendo tutti noi, facendo gli stessi errori. Ma non voglio fare pistolotti moralizzanti, voglio essere pratica. Credo che l’esperienza altrui possa servirci per pensare al ruolo di ognuno di noi. Perché ce lo abbiamo eccome, è piccolo ma tanti piccoli fanno la differenza nel creare il nostro comune futuro. E questo senza scontare a nessuno le proprie responsabilità (governi e multinazionali per esempio).
- Una seconda riflessione è sul ruolo dei colonizzarori europei che sterminarono, assoggettarono e fecero un po’ come gli pareva con terreni e vite umane distanti migliaia di km e che non erano certamente di loro competenza. Ok erano altri tempi ma… oggi siamo migliori? Forse non ce ne rendiamo conto, ma anche ai nostri giorni sfruttiamo e ignoriamo gran parte del mondo. Ripeto, non voglio fare predicozzi, ma mi chiedo: c’è qualcosa che ognuno di noi può fare?
4. È l’unico posto al mondo dove puoi vedere i Moai (o no?)
Il motivo principale per arrivare fin laggiù ovviamente è poter vedere le misteriosissime statue che disseminano l’isola: centinaia di imponenti busti di tufo vulcanico detti Moai. Perché i rapa nui abbiano costruito e spostato lungo l’isola questi pesantissimi monoliti non è chiaro, e proprio per questo attorno ad essi aleggia un’aura di mistero e fascino senza confronti. Quando si tratta di esoterismo, o teorie da ‘gomblotto mondiale’, due cose non mancano mai: Stonehenge e i Moai, spessissimo collegati tra loro con le scuse più varie!
D’altronde come non chiedersi a cosa servissero questi enigmatici capoccioni dallo sguardo severo e le lebbra serrate? Tante le teorie: forse rappresentavano capitribù defunti, che potevano mettere in contatto il mondo dei morti e quello dei vivi, o forse erano divinità o elementi propiziatori di benessere e abbondanza. Oppure ancora erano delle sentinelle che vegliavano sugli abitanti e sull’isola, e in effetti i Moai sono quasi tutti rivolti verso l’interno.
I Moai possono sembrare tutti uguali, ma non è così: oltre ad avere dimensioni diverse, alcuni hanno un tozzo copricapo di tufo rossastro (Pukao), altri sono decorati, uno è seduto (il Tukuturi, che in più dovrebbe essere femminile), un altro ha gli occhi, fatti di ossidiana e corallo bianco (il Ko Te Riku). A quanto pare poi, per quanto stilizzate, ogni statua si riferiva a qualcuno di preciso.
Piccola curiosità: l’Isola di Pasqua non è l’unico posto al mondo dove vedere i Moai. Ovviamente è il migliore! Ma puoi ammirare un Moai ‘fuori sede’ al British Museum di Londra o al MichelPark ad Amburgo. Non solo: due Moai li abbiamo anche noi in Italia. Per la precisione nel Lazio, a Vitorchiano, paese di cui ti avevamo già parlato per il suo magnifico giardino tutto dedicato alle peonie. E a Chiuduno (Bergamo). In entrambi i casi si tratta di Moai ‘moderni’, cioè realizzati recentemente (1990 e 2015) da nativi dell’Isola e donati.
5. Vedere tutto quello che c’è da vedere sull’Isola di Pasqua
L’Isola di Pasqua è piccina: ha una lunghezza massima di 24 km e una larghezza massima di 13 km. Ma di cose da vedere e fare ce ne sono, anche se i Moai ovviamente fanno la parte del leone.
Puoi leggere la nostra guida:
Non solo Moai, cosa vedere sull’Isola di Pasqua
Qualche suggerimento:
- Il Parco nazionale di Rapa Nui, con il vulcano Rano Raraku dove si ricavavano i moai.
- Le spiagge, che per quanto non caraibiche sono selvagge ed affascinanti.
- I Moai disseminati per l’isola e i vari Ahu (gli altari) ognuno diverso dall’altro.
- Hanga Roa con il museo e il mercato.
- Da fare: passeggiate a cavallo, trekking o immersioni.
Alcune info pratiche
Come arrivare sull’Isola di Pasqua
Come dicevo l’unico modo per arrivare sull’Isola di Pasqua è via aerea da Santiago del Cile con la compagnia LATAM. Da quelle parti infatti il mare è spesso mosso e il piccolo porto non consente l’attracco delle navi da crociera, che passano 5 o 6 volte l’anno organizzando collegamenti con motoscafi. Per come la vedo io è una fortuna: l’Isola di Pasqua non è un mordi e fuggi, non ci si ritrova lì per caso.
Hotel e ristoranti
L’isola ha un discreto numero di alloggi, anche di buon livello, e di locali per mangiare. È da capire che ripercussioni avrà il Covid, comunque ti consiglio di scegliere una sistemazione nel gusto isolano perché sono stupende! Io scelsi una cabana fronte mare totalmente in stile locale che però non trovo più su internet, forse ha chiuso.
Per mangiare invece ti suggerisco il Te Moana, dove ho preso il polpo più buono del mondo, che infatti ho inserito nel nostro viaggio culinario per tutto il globo!
Come muoversi
Sull’isola non c’è trasporto pubblico, quindi puoi noleggiare scooter, bicicletta o macchina. Noi prendemmo una piccola Jeep, visto che le strade interne, almeno quando sono stata io, non erano il massimo. La cosa bella fu che il noleggiatore a metà mattinata appariva abbastanza alticcio e a un certo punto diede due belle manate sul sedile del passeggero per ripulirlo, facendone uscire una meganuvola di polvere… e io che sono allergica! Insomma tutto abbastanza spartano ma in ogni caso sono sopravvissuta…
Allora, ti è venuta voglia di partire (quando si potrà, visto che siamo ancora alle prese col Covid)?
Al prossimo viaggio
Simona
Explore. Dream. Discover.
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